Non è raro, tra uno standard bebop ed un lento, dover cercare di colmare il divario tra generi con del puro e semplice swing: spesso, tuttavia, si cade nel tranello degli evergreen noti al grande pubblico, strappa-applausi e di facile esecuzione.
Puo’ essere questo il caso di There is no greater love? Certamente. Ma dopo aver ascoltato l’interpretazione di Billie Holiday (come quelle di altri grandi del jazz), forse, si puo’ riconsiderare l’idea di prestare un po’ più di attenzione ad anatole come questi.
La struttura, innanzitutto. Il famoso brano di Isham Jones nasce come brano cantato (infatti prima ho citato proprio Lady Day) su liriche di Marty Symes: la melodia, quindi, è evidentemente cantabile e presta particolare cura al significato del testo. Di questo ne risente anche la forma: semplicissima quanto l’armonia, anche se il New Real Book ne propone una versione con qualche tensione armonica in più. Nulla di che, d’altra parte. Ho riportato la divisione in sezioni come da stampa, anche se piuttosto che un A – B – C avrei preferito A (8) – A'(8) – B(8) – A'(8), come realmente vengono intesi ad orecchio tema ed accompagnamento.
Mi scuso preventivamente se la lettura potrà essere difficoltosa: ho d’altra parte tentato di rispettare una divisione regolare delle battute lasciandone quattro per riga esclusa la prima con la battutta in levare, fatto questo che facilita notevolmente la lettura degli accordi e la distinzione dei periodi musicali. A causa di questa particolare scelta (che rimedia anche al problema del G7 a capo della quarta battuta del Real Book, che puo’ creare qualche problema ai novizi), forse qualche slide sarà difficile da individuare… ma sono sicuro che non siete tutti talpe come me!
Due parole, appunto, sulle legature. Ho prestato particolare attenzione nell’ indicare gli slides dove strettamente necessari al fraseggio: d’altra parte non volevo privarlo della spontaneità della prima esecuzione (non che sia una improvvisazione, sia chiaro: ma nemmeno una composizione meticolosamente scritta a tavolino… chiamatelo “studio per l’improvvisazione“, poichè questo è). Propongo quindi di studiarlo esattamente come scritto per capire precisamente cosa avessi in mente, poi eliminando qua e là legature ascendenti, discendenti e slides per “customizzarlo” a dovere secondo il proprio gusto personale.
Attenzione inoltre ad alcuni dettagli di scrittura: Cm7 (ossia Do minore settima: Do, Mib, Sol, Sib) è scritto con una “M” che puo’ confondere. Idem per Gm6, Am7…Il font Jazz da me usato così mi imponeva, e non avevo voglia di modificare lo stile predefinito del software… ma non ditelo in giro…
… scherzo, ovviamente. Mi attengo alla regola ben nota secondo la quale se la triade di base è maggiore non si scrive nulla, se la triade è minore si scrive una m o una M, in quest ultimo caso leggermente più piccola del carattere utilizzato per la root note. Un occhio di riguardo anche al segno di staccato (batt.6, 11 e 29), ritenuto (batt. 1 e 28) ed ai vibrato (batt. 1, 10, 13 e 28). Quello di batt. 28 puo’ essere anche sostituito con un trillo ascendente Sol-Lab… ero indeciso, poi ho optato per il vibrato.
In conclusione, oltre ai soliti consigli ed alla solita raccomandazione di utilizzo della sezione commenti in caso di difficoltà, mi permetto di suggerirvi l’elaborazione di un vostro solo, da confrontare non solo con il mio ma anche con quello di altri jazzisti, di fama o meno, per un parallelo tra espressioni sulla stessa struttura musicale. E’ altamente formativo e vi da’ modo di acquisire fraseggi “per estrusione”.
Se volete, inoltre, potete inviarlo ad info (at) scuoladimusica.org, con allegata una spiegazione del vostro lavoro: se curato e ben fatto potrà essere pubblicato su queste pagine.
Ancora, come sempre, buon lavoro.